Scegli di capire.

Gedi Smile Abbonati
Inserti
Ancora su HuffPost
Guest
Tutte le sezioni

GEDI Digital S.r.l. - Via Ernesto Lugaro 15, 10126 Torino - Partita IVA 06979891006

Esteri

Trump colpito ma non affondato

debate
debate 

Solo il Robert Altman del film MASH o un romanzo fantapolitico come Il complotto contro l'America di Philip Roth avrebbero potuto creare una situazione più surreale della settimana che ha portato al secondo dibattito presidenziale di domenica sera, da St. Louis, tra Hillary Clinton e Donald Trump: la registrazione (risalente a oltre dieci anni fa) in cui Trump si vanta delle molestie sessuali inflitte a un numero indefinito di donne; le scuse non-scuse in cui la vergogna viene ritorta contro quanti sono scandalizzati; la retromarcia di molti leader repubblicani che hanno ritirato il loro appoggio al candidato; le minacce di Trump contro le élite del Partito repubblicano che lo spingevano a ritirare la candidatura; la conferenza stampa, iniziata due ore prima del dibattito, di Trump con al suo fianco tre donne che furono vittime delle attenzioni di Bill Clinton decenni fa.

Trump è arrivato al dibattito con ben poco da perdere e non si è arreso. I primi minuti sono concentrati su accuse reciproche di immoralità personale: Hillary contro Trump, e Trump contro Hillary e Bill Clinton. Ma come spesso è accaduto in questa campagna elettorale, Trump riesce a sopravvivere perfino ai propri peggiori eccessi. Probabilmente alcuni di quelli che avevano ritirato il loro appoggio al candidato repubblicano nel corso della settimana si sono pentiti alla fine del dibattito, che probabilmente passerà alla storia come il punto più basso nella storia delle campagne presidenziali americane. Alla fine del dibattito, la questione della registrazione di un decennio prima sembrava quasi dimenticata, dopo novanta minuti di accuse personali contro Hillary Clinton e di asserzioni palesemente false (sull'Iraq, sulla riforma sanitaria) da parte del candidato repubblicano. Trump nega di aver molestato alcuna donna, ma conferma di essere riuscito a non pagare le tasse federali per molti anni.

Il turbinio di accuse e farneticazioni lascia pochissimo spazio al dibattito sulle politiche per il futuro del paese. Sulla Siria Trump pare incline a lasciar fare alla Russia e ad Assad, che vengono elogiati per quanto stanno facendo contro ISIS. Sull'Islam, Trump risponde alla domanda di una spettatrice musulmana accusando (mentendo di nuovo, in riferimento all'attentato di San Bernardino del dicembre 2015) i musulmani americani di non fare abbastanza per denunciare gli elementi radicalizzati.

L'entropia cognitiva causata dal fenomeno Trump fa sì che nel dibattito che si svolge a St. Louis, che nell'estate 2014 in seguito a un episodio di brutalità poliziesca fu epicentro di una serie di scontri razziali in America, non si parli per nulla di giustizia penale, giustizia sociale, e giustizia razziale. Alla domanda di uno spettatore afroamericano, Trump risponde subito parlando delle "inner cities", riflesso tipico di un bianco americano che vede negli afroamericani solo quelli stereotipati del racial profiling. Non si parla neanche di immigrazione.

Il dibattito si conclude con ognuno dei candidati che indica almeno una qualità positiva nell'altro, e con una stretta di mano. Ma è stato un dibattito feroce, che molti americani coscienziosi si sono premurati di non far vedere ai propri figli o ai propri studenti, se minorenni. Il punto più basso (questioni sessuali a parte) si ha quando Trump minaccia, se eletto presidente, di nominare un procuratore speciale per investigare i crimini di Hillary e mandarla in prigione. Agli attacchi più feroci di Trump parte del pubblico in sala applaude (anche se non potrebbe).

È un Trump colpito ma non affondato: sopravvive al dibattito e quindi sopravvive ai tentativi di coloro che volevano eliminarlo dal ticket repubblicano - anche perché nel dibattito Trump fa chiaramente capire di considerare il vice, il governatore Mike Pence, poco più di uno chaperon impostogli dal partito per motivi di presentabilità in pubblico.

Il secondo dibattito conferma le impressioni del primo dibattito e di tutta la campagna presidenziale del 2016. Il partito repubblicano ha iniziato una fase di implosione, che non potrà essere fermata né dalla vittoria né dalla sconfitta di Trump. Da un lato c'è lo scollamento tra l'élite politica repubblicana e la base: nutrito ad arte dai repubblicani contro Obama a partire dal 2009, questo scollamento si è rivoltato contro lo stesso partito repubblicano. Dall'altro lato, vi è la fine dell'allineamento politico tra destra religiosa e partito repubblicano: la destra religiosa si è spaccata su Trump. Da parte sua, con una crudeltà tipica del personaggio, Trump ha inflitto alla stessa destra religiosa che lo sostiene l'umiliazione di non parlare mai, nei primi due dibattiti, della questione dell'aborto, rifiutando l'occasione d'oro offertagli dalla domanda sulla Corte Suprema.

Mancano quattro settimane al voto e dopo questa settimana selvaggia e surreale il pronostico dice Clinton: Trump sembra aver perso troppi pezzi del partito e dell'elettorato per poter ancora vincere. Ma sia che vinca sia che perda la Casa Bianca, Trump ha svuotato il partito repubblicano del suo corpo e della sua anima. Se dovesse vincere Hillary Clinton, sarebbe una presidente senza un vero mandato politico e senza un'opposizione degna di questo nome.

I commenti dei lettori
Suggerisci una correzione