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Esteri

L'illusione di un dibattito di sostanza dura poco

Reuters
Reuters 

Il terzo e ultimo dibattito per le elezioni presidenziali del 2016, moderato da uno degli anchormen di Fox News, avrebbe potuto essere il primo vero dibattito con Donald Trump e Hillary Clinton a dividersi sulle questioni di sostanza e non su attacchi personali. L'illusione è durata solo una ventina di minuti. L'inizio non è stato facile per Hillary Clinton, sulla difensiva specialmente nel primo dei sei segmenti del dibattito, dedicato alla Corte Suprema e quindi sull'aborto. Trump ha garantito di nominare giudici pro-life e ha in qualche modo promesso l'abolizione della sentenza del 1973 ("Roe versus Wade") che rese legale l'aborto a livello federale negli USA; Clinton ha evitato di mettere limiti agli aborti, anche nel terzo trimestre. In quel primo segmento Trump ha segnato dei punti importanti con l'elettorato religioso e ha messo in luce il cambiamento della posizione di Clinton dall'aborto "raro, sicuro e legale" (slogan degli anni novanta) all'aborto "on demand" (con pochissime limitazioni) di questa campagna elettorale.

Quello è stato il punto migliore della serata per Trump, ma il resto del dibattito ha fatto dimenticare ai più il primo segmento. Nel secondo segmento Trump non è riuscito a formulare, in risposta ad una domanda precisa, una critica credibile di Putin e dello spionaggio russo sulla campagna elettorale americana. Trump ha messo in luce, in modo strumentale ma innegabile nei fatti, le debolezze della politica estera americana di Obama - che però in questa campagna non gioca quasi nessun ruolo, se non per le rivelazioni da parte di WikiLeaks pubblicate con un tempismo tutt'altro che casuale.

La seconda metà del dibattito ha visto Hillary Clinton emergere, anche perché la discussione è tornata ai livelli degli incontri precedenti: le debolezze di Trump sono evidentemente più gravi delle pur evidenti debolezze di Hillary Clinton. Il punto più basso di Trump ha coinciso con il momento più critico nella storia delle elezioni presidenziali in America, quando il candidato repubblicano ha rifiutato di promettere di riconoscere la legittimità del risultato delle elezioni e di concedere l'elezione in caso di sconfitta. Il fatto che Trump, se sconfitto nell'elezione dell'8 novembre 2016, possa respingere il risultato delle urne significa la rottura di un dogma politico-religioso accettato ecumenicamente da tutti gli americani. È la prima volta in duecentoquaranta anni di storia della democrazia in America; è una novità che dice molto della profonda crisi politica che attraversa il paese-guida del mondo occidentale.

Da quel momento in poi, a circa venti minuti dalla fine, il resto del dibattito ha perso gran parte del suo interesse. È evidente che la candidatura di Trump è quella di un eretico rispetto al credo politico-religioso della democrazia in America. Il vero problema sono i milioni di americani affascinati da questo eretico.

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