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Trump avanti nei sondaggi: la rabbia Usa che ci avvicina al salto nel buio

Donald Trump 
Il miliardario newyorkese supera la Clinton. Ma sei elettori su dieci danno un giudizio negativo su entrambi
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È lo stesso vento, gonfio di paure e di collera, quello che soffia ormai dalle Alpi alle Montagne Rocciose e che sta rendendo pensabile l'impensabile e possibile l'impossibile: che Trump possa essere il prossimo Presidente degli Stati Uniti.
 
Ora che i sondaggi confermano quello che alcuni di noi temevano fino dallo scorso autunno e mettono Donald Trump in perfetta parità con Hillary (quello di Abc/Wp dà addirittura in vantaggio Trump sulla Clinton con il 46% contro il 44%) la natura della sua "resistibile ascesa" si fa sempre più chiara: il voto, se voto sarà, non è un'espressione di favore per lui o per le sue sgangherate e irrealizzabili proposte. È un grido di rabbia contro l'esistente. Una ribellione che si qualifica non per ciò che vuole, ma per ciò che non vuole più.
 
Sotto la superficie dei sondaggi generali, che a a sei mesi dal voto di martedì 8 novembre restano, soprattutto ricordando la bizantina complessità del sistema elettorale americano, una curiosità, il dato impressionante è infatti l'ostilità che i due contendenti suscitano. Sei elettori su dieci hanno, di Hillary come di Donald, una opinione negativa, una proporzione uguale, mai registrata dagli istituti di ricerca da quando esistono i sondaggi.
 

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Non è quindi la sua forza a gonfiargli le vele, è la debolezza dell'avversaria. Lei coagula attorno a sé tutto ciò che milioni di americani, e non soltanto poveri o ignoranti, detestano, accusando "il potere" di averli penalizzati, esclusi o esposti alla minaccia esistenziale dell'immigrazione e delle minoranze, quella minaccia che ha reso seria la candidatura di estremisti di destra in Europa. Lui è l'"antipotere" e neppure il paradosso di un miliardario arricchitto dalla speculazione immobiliare e dall'elusione fiscale che inveisce contro la casta dissuade chi preferisce il salto nel buio al cammino faticoso lungo il vecchio sentiero.
 
Trump può vincere, perché da quel formidabile specialista di "marketing" che è ha fiutato istintivamente il vento di burrasca. Clinton può perdere perché veleggia contro quel vento e la novità del suo essere la prima donna nella storia americana con serie possibilità di vittoria è affievolita dal suo apparire non come la storia di domani, ma come la riedizione della storia di ieri.
 
In democrazia, il voto "contro" è perfettamente legittimo e valido quanto un voto "per" e quello che scandalizza un elettore, mobilita un altro. Trump sta facendo, alla democrazia americana, ciò che per anni ha fatto, con successo, all'economia: ha imparato a usarla contro se stessa e a trattare i cittadini come clienti ai quali vendere e come spettatori da sedurre. Clinton fa appello alla faticosa, noiosa razionalità del governare. Trump stimola l'eccitazione del cambiamento, la voglia di mandare messaggi e segnali. Per questo cresce. La tentazione di abbandonarsi al vento è forte.
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