In un momento di grande incertezza per l’economia finanziaria mondiale, con la grande «correzione al ribasso» dei prezzi delle azioni in pressoché tutto il mondo, nel pomeriggio di ieri è giunta, largamente inaspettata, un’importante notizia positiva dall’economia reale. Ed è arrivata dalla Germania, il Paese che a oltre quattro mesi dalle elezioni non è ancora riuscito a darsi un nuovo governo, ma è riuscito ad aprire una nuova pagina nei rapporti sindacali e nell’organizzazione del lavoro.

L’accordo raggiunto tra l’Ig Metall, il maggior sindacato tedesco, che rappresenta i metalmeccanici, e gli industriali del Baden-Württemberg (una regione con quasi un milione di operai del settore, circa un quarto dei «colletti blu» tedeschi, tradizionale apripista degli accordi sindacali) introduce una radicale trasformazione nel modo in cui vengono determinati i salari e i tempi di lavoro. In base all’accordo, i lavoratori hanno la facoltà di ridurre il proprio orario di lavoro da 35 a 28 ore la settimana per un periodo che va da sei mesi a due anni tornando all’orario normale alla fine del tempo stabilito.

Lo scopo è quello di rendere il lavoro maggiormente compatibile con la vita famigliare - in particolare, ma non esclusivamente, per le donne - e porterà vantaggi soprattutto a chi ha figli piccoli, e a chi assiste un parente anziano. Ai giovani consentirà di affrontare con un po’ più di respiro quella che viene talora chiamata la «fase di affollamento della vita» quando la famiglia cresce e incombe la necessità di far carriera.

La flessibilità, insomma, non è più a senso unico in quanto la variazione dell’orario di lavoro può essere richiesta anche dai lavoratori, mentre finora - in Germania e altrove nel mondo - era andata senza discussione a favore delle imprese. Ora invece una parte di questa flessibilità entra nella sfera decisionale del lavoratore e può dargli un maggiore controllo sulla propria vita. L’oggetto dei contratti di lavoro diventa non più il solo salario ma anche, indirettamente, la possibilità del lavoratore di gestire il proprio tempo libero

Quest’accordo è stato reso possibile dalla profonda trasformazione tecnologica dell’industria tedesca, che rende più elastiche le mansioni dei lavoratori anche al di là quell’insieme di innovazioni che va sotto il nome di «industria 4.0». Anche per i datori di lavoro vi è un aumento della flessibilità, derivante dalla possibilità di richiedere il superamento - a pagamento e ai soli lavoratori consenzienti - dell’orario contrattuale aumentando, da 35 fino a un massimo di 40 ore la settimana, il numero delle ore lavorate

Va infine considerato che una parte dell’accordo consiste in un aumento contrattuale delle retribuzioni pari al 4,3 per cento che ridistribuisce ai lavoratori una parte dei benefici che derivano alle imprese dal superamento della lunga recessione mondiale. Il tutto contribuirà a rafforzare la domanda interna di beni di consumo e quindi - dal momento che l’accordo sarà recepito anche in altre parti della Germania - costituirà un elemento di crescita non per la sola Germania bensì per l’intera Europa.

A questo punto è legittimo domandarsi se qualcosa del genere sia proponibile in Italia e se le organizzazioni delle parti sociali non farebbero bene a riprendere, almeno in parte in mano la distribuzione tra loro del prodotto, invece di attendersi che lo facciano i politici, i quali, in questa campagna elettorale, non hanno quasi mai affrontato questo tema. E la risposta è che anche da noi si potrebbe cominciare a considerare queste innovazioni contrattuali, a partire dai settori e dai cicli produttivi la cui struttura lo permette. In ogni caso, è facile prevedere che la «nuova» flessibilità del tempo di lavoro diventerà nei prossimi anni un punto importante di confronto sindacale.